Barbera, Dolcetto, Nebbiolo | 10 €
Già, la cantina è Fontanafredda, è una vera novità nel panorama del vino in Italia. E’ vino pronto già adesso, ai primi giorni di dicembre e a pochissimi mesi dalla vendemmia. Non è un vino novello, però. E’ uno di quelli veri, figli della più classica delle fermentazioni alcoliche. Una piccola rivoluzione quindi, quando escono i vini rossi più giovani che avete assaggiato? Febbraio? Marzo? Alcuni subito dopo l’inverno, e comunque non si tratta della maggioranza, anzi. L’etichetta racconta una bottiglia capace di offrire “il gusto vero di questa stagione delle Langhe (..) la neve, la pioggia e il sole del 2010 (..) Già buono da bere, ad una temperatura fresca, come quella delle cantine di una volta.” Giuro.
Già è accompagnato da una promozione importante, di quelle nate per farsi notare. C’è il sito. C’è una campagna sulla carta stampata. C’è lo spot in prima serata in tivù. Tanti mezzi quindi per un prodotto reperibile nella grande distribuzione e, in fondo, non così economico: quasi dieci euro per la bottiglia da litro fanno circa sette e mezzo per la tradizionale bordolese. Ok, certo, molto meno della stragrande maggioranza dei vini che passano da queste parti ma sicuramente in una fascia che sa regalare prodotti forse standardizzati ma certamente apprezzabili. Un bella sfida quindi.
Già però un po’ tradisce le attese. E se anche la bottiglia da litro certamente affascina il contenuto qualche perplessità la lascia. Ed è un peccato, perchè a guardarlo ha un bellissimo colore rosso rubino. Un po’ scarico, ma bello. Anche la trama olfattiva sa regalare piacevolezze. Il naso infatti racconta tutta la freschezza e la fragranza del frutto rosso. Appena monocorde forse, ma in un vino così non è necessariamente un difetto. E’ in bocca che però si allarga, quando sembra mancare un’architettura in grado di sostenerlo adeguatamente. E mi riferisco ad un’alcolicità più importante ed una tannicità che spicca per assenza. Chiude con un finale di poca persistenza, più amarognolo che ammandorlato.
Già è quindi una grande operazione che ha a che fare più con la comunicazione che con il vino di qualità. Purtroppo.
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Pensare che a settembre ho parlato con uno degli agronomi di Fontanafredda e con la responsabile commerciale! La manovra mi sembra alquanto solo per smaltire qualcosa di “avanzato” e la qualità è molto ma molto lontana!
Bella etichetta però. E pure bella foto 😉
A domani.davide
ehilàààà ma che belle foto Jacopo 🙂
Io ho già espresso la mia opinione, e come dici tu troppo ‘can can’ intorno…troppa comunicazione e poca sostanza insomma.
Buona serata!
Piacevole e leggero, ha ottime sensazioni olfattive, corpo e gusto, penso non si possa pretendere altro da un vino di tre mesi.
dove dovrebbe prendere l’alcolicità e la tinnicità ? (a tre mesi non ci si può aspettare un Brunello)
finalmente ben venga un “vino nuovo” tra tanti “vino novello”
Maurizio, è la parte relativa al “piacevole” che non mi convince del tutto. Perchè altrimenti in linea di massima sarei d’accordo con te.
ahò, dieci yuri non sono patate.
bella sorpresa!! l’ho visto in tv e avevo già pensato ai quei vini che ogni tanto vengono pubblicizzati, quelli all’acqua di rose. Invece, voilà, un Fontanafredda…bravi
Quoto il Caf, altro che.
Ma tutto ciò a 10 euro??Mi sembra proprio caro, chissa nel costo della bottiglia quanto incide in questo caso il costo del marketing, vedere se avera successo o meno sara un importante indizio, basta che sia in TV per piacere?
Penso che il tema del Vinix Live di Ferrara andasse proprio in questa direzione: se è di semplicità che stiamo parlando, invece di farsi infinocchiare, sarebbe meglio che la gente si bevesse un buon “vinino”, no? 😉
PS: spendendo la metà
Esatto Mirco, se ne parlava anche con Angelo. Già rappresenta esattamente la versione industriale di quello che vorrebbe essere un “piccolo vino”. Peccato però che nella bottiglia di Fontanafredda si vadano a perdere troppe delle caratteristiche tipiche della tipologia, in particolare quelle relative ad una certa idea di aderenza teritoriale.
Ecco Jacopo, credo che questo caso particolare sia esplicativo del senso di essere blogger: ognuno fa il suo mestiere nella modalità che ritiene più opportuna, ma il consumatore, che non per forza è un esperto, deve avere strumenti per discernere, che siano diversi dalla mera pubblicità!
Perchè qui il rischio è che ogni volta che si spendono energie per far emergere un valore aziendale e territoriale (davvero esplicativo il video realizzato sabato pomeriggio con i produttori), arrivi l’industriale di turno che “galoppa” il lavoro degli altri creando una moda, la quale, come tutte le bolle, senza una “sostanza” poi scoppia, tirandosi dietro tutti, indistintamente…